Geopolitica dell’auto
Di Carlo Pelanda (25-5-2009)
E’ nostro interesse nazionale che la Fiat mantenga in Italia, almeno, le produzioni
attuali, per lo più concentrate in un Sud senza alternative industriali, e
l’indotto che è parte molto rilevante della piccola e media impresa del Nord.
Con quale strategia il governo italiano potrà difendere tale interesse?
Ricapitoliamo. Per sopravvivere - nelle
condizioni future del mercato globale dell’auto - Fiat deve diventare un gruppo
industriale globale capace di produrre almeno 6 milioni di veicoli con la
possibilità di ridurre i costi via maggiori economie di scala. Marchionne,
amministratore delegato del gruppo torinese, lo sta perseguendo, ma senza
capitale sufficiente per le acquisizioni. Brillantemente, ha individuato due
opportunità dove Fiat potrà rilevare nuove capacità produttive, quote di
mercato e potenziali di efficienza via integrazione senza spendere soldi perché
messi dai governi per evitare catastrofi occupazionali nelle loro nazioni: l’americana
Chrysler e la tedesca Opel (posseduta dall’americana General Motors in via di
fallimento pilotato). Per tale motivo la questione da industriale e privata
diviene geopolitica - i governi di fatto dentro le proprietà o fortemente
condizionanti. Quello americano ha sostenuto l’operazione. Quello tedesco, per
Opel, sta valutando. Fiat non ha competitori simmetrici in questa acquisizione
perché i gruppi globali, con il problema della sovracapacità produttiva, sono
interessati a far chiudere aziende più
piccole, e non a comprarle, per prenderne le quote di mercato. Ciò ha favorito la Fiat in America, dove nessun
altro si è fatto avanti per salvare la Chrysler in fallimento, e dovrebbe, in teoria,
farlo anche in Germania perché il governo non può sostenere l’impatto del
fallimento di Opel non più sostenuta dal proprietario GM nei guai. Ma ha contro
la mancanza di soldi e, soprattutto, si trova a competere con un concorrente
asimmetrico, ma con soldi freschi e capace di forte influenza in Germania, la
canadese Magna. Questa, in realtà, è posseduta da un’azienda automobilistica e
fondi finanziari russi controllati dal governo. Mosca ha l’interesse
geopolitico di penetrare la Germania. E’
aiutata in questo da lobbisti influenti, in particolare sul partito socialdemocratico
e sindacati. Volswagen, come altri produttori tedeschi, non vuole trovarsi una
Fiat/Opel competitiva proprio nel mercato domestico. Quindi si delinea un
interesse combinato a prendere la cassa dai russi e lasciare piccolina e
innocua la Opel,
escludendo l’italo-americana Fiat. Inoltre Mosca e Berlino stanno trattando
enormi affari (ferrovie, gasodotti, ecc.). Ma è facile dimostrare al governo
tedesco che una Opel russa non uscirebbe dalla crisi proprio per i motivi che
spingono Fiat ad ingrandirsi. Inoltre la Opel è comunque posseduta dell’Americana GM a sua
volta, ormai, di proprietà del governo statunitense. Washington premerà su
Berlino perché ha interesse a rafforzare Fiat-Chrysler? Improbabile, perché
senza un forte polo europeo di Fiat-Chrysler alla fine il gruppo concentrerebbe
più investimenti nella più efficiente America. Il punto strategico. Il nostro
governo ed i sindacati potrebbero essere tentati di pensare che se Fiat
fallisce in Germania allora l’Italia resterà più importante per l’azienda. In
realtà è proprio il contrario. Solo la creazione di un polo europeo forte, a
seguito dell’integrazione di Opel (e altri di GM Europa) nel sistema
Fiat-Chrysler aumenterebbe i motivi aziendali per mantenere più produzione ed
investimenti in Italia. Quindi Roma dovrebbe premere su Berlino - e Washington
- in base a questa logica
strategica.
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